Sostenibilità ambientale scenario 2022

Sostenibilità ambientale scenario 2022

Sostenibilità ambientale scenario 2022 1010 682 Academy Immobiliare

L’Italia post Covid va ricostruita in chiave più sostenibile e innovativa. E’ un must imposto dalla crisi climatica.

Con il PNRR tasselli importanti, ma anche molti limiti.

Academyimmobiliare.it esamina i principali per capire, in merito alla sostenibilità ambientale, lo scenario 2022.

Cosa dovrebbero fare Italia ed Europa?

Forte stagnazione economica, importanti problematiche ambientali e perdurare di disuguaglianze sociali ed economiche che non hanno visto risposte adeguate tramite nuove politiche sociali ed economiche, questo ha caratterizzato l’ultimo decennio passato, specie nei Paesi occidentali.

La vulnerabilità, resa evidente dal Covid-19, di tutto l’ecosistema naturale soggetto a sempre più forti pressioni ambientali e climatiche richiede di dare risposte a stretto giro. 

Cosa dice lo Stato del Clima 2021?

Il report riguarda la crisi climatica in atto ed è stato rilasciato, in versione provvisoria, dall’OMM (Organizzazione Meterologica Mondiale) il 31 ottobre 2021. In esso si riporta: “gli ultimi sette anni sono stati i sette anni più caldi mai registrati e  l’accelerazione dell’innalzamento del livello del mare ha raggiunto nuovi picchi nel 2021. Ogni anno recente è sempre più caratterizzato da ondate di calore, incendi, siccità e inondazioni che hanno provocato caos in tutto il pianeta quest’anno. Si intende informare i negoziati della Cop26″.

Sostenibilità ambientale e scenario 2022, da una crisi così grave può scaturire un’opportunità unica!

L’opportunità è quella di cambiare per riscrivere la direzione dello sviluppo degli Stati più moderni, tracciando anche l’esempio per le economie in via di sviluppo.

L’Agenda 2030 dell’ONU tra i segnali positivi

Ancor prima del 2020, il lancio dell’Agenda 2030 dell’ONU definisce una nuova visione verso un’economia circolare, a basse emissioni, resiliente agli impatti climatici e ad altri cambiamenti globali che mettono in pericolo le comunità locali. Si dà priorità alla lotta contro la perdita di biodiversità, l’alterazione dei cicli biogeochimici fondamentali (carbonio, azoto, fosforo) e al cambiamento di destinazione d’uso.

Negli ultimi anni la Commissione Europea ha promosso diverse iniziative in linea con gli obiettivi e i valori dell’Agenda 2030. Con l’avvio della Commissione, presieduta da Ursula Von der Leyen, lAgenda 2030 è diventata un pilastro centrale dell’azione politica dell’Unione europea. Non a caso, è stato evidenziato “l’impegno della Commissione ad affrontare le sfide climatiche e ambientali che è il compito determinante di questa generazione”.

L’obiettivo è trasformare l’UE in una società equa e prospera, con un’economia moderna, efficiente, sotto il profilo delle risorse, e competitiva. Assenza di emissioni nette di gas serra nel 2050 e  crescita economica disaccoppiata dalle risorse usate.

Gli obiettivi al 2030 della Commissione sono ambiziosi e prevedono una riduzione almeno del 40% delle emissioni di gas a effetto serra (rispetto ai livelli del 1990); una quota almeno del 32% di energia rinnovabile, stando ai livelli di miglioramento almeno del 32,5% dell’efficienza energetica.

Come indicato nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima presentato del Ministero dello Sviluppo Economico nel 2020 (in fase di aggiornamento), si prevede che il contributo delle rinnovabili al soddisfacimento dei consumi finali lordi totali al 2030 (30%) sia così differenziato tra i diversi settori: – 55,0% di quota rinnovabili nel settore elettrico; – 33,9%  nel settore termico (usi per riscaldamento e raffrescamento); – 22,0% per l’incorporazione di rinnovabili nei trasporti.

Sulla base di questa strategia occorre bilanciare la crescita, ridurre le disparità, identificare quindi un approccio economico orientato non solo al reddito ma più vicino ai cicli naturali (Voluntary National Review ITALY National Sustainable Development Strategy, MITE 2017).

Si aggiunge l’Enciclica “Laudato sii”

Pubblicata nel 2015, ha fissato un passaggio cruciale anche da parte della Chiesa Cattolica riguardo la posizione nei confronti dello sviluppo umano che deve essere nell’ambito dei limiti planetari. Il Papa è poi molto spesso intervenuto sui temi dell’enciclica per indirizzare le politiche dei governi di tutto il mondo, delle organizzazioni economiche e di quelle della società civile. Ha in particolare sottolineato l’urgenza di prendere azioni rapide al fine di riportare lo sviluppo umano nell’ambito della sostenibilità.

Come saranno i prossimi mesi?

Importantissimi per l’elaborazione e la definizione delle politiche pubbliche del prossimo triennio. Forte è la richiesta popolare di politiche pubbliche e private che promuovano lo sviluppo sostenibile perché la crisi ha messo in luce le profonde interazioni tra le dimensioni ambientale, sociale, economica e istituzionale nel mondo.

L’iniziativa Next Generation EU e i PNRR

L’approccio descritto è in linea con gli obiettivi dell’iniziativa Next Generation EU e delle linee guida che i paesi devono seguire nella preparazione dei loro piani nazionali di recupero e resilienza. Si richiede di garantire: la coerenza delle politiche settoriali, vitali per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile; e l’avanzare di proposte concrete e fattibili, a partire dall’inclusione del principio dello sviluppo sostenibile nella Costituzione (Asvis 2020).

Già a maggio l’alleanza ASviS aveva evidenziato (Italy and the Sustainable Development Goals ASviS Report 2020), attraverso la transizione verde e la digitalizzazione, la necessità di combattere le disuguaglianze di genere, la semplificazione delle procedure amministrative, gli investimenti nella conoscenza e la tutela e valorizzazione del capitale naturale come priorità delle politiche di rilancio.

In Italia  il Governo ha avviato il programma di finanziamenti legati al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e gli altri strumenti messi in cantiere per risolvere gli annosi problemi che da decenni condizionano la nostra economia.

L’Unione Europea ha indicato la strada da percorrere per la trasformazione e l’Italia può giocare un ruolo da protagonista

I benefici sono enormi: visione, coraggio, innovazione, tenacia e partecipazione sono gli ingredienti vitali per realizzare un’Italia più sostenibile.

Ma quali sono le condizioni base per rilanciare il sistema Paese?  

Confindustria (in Courage for the future Italy 2030-2050) dà indicazioni a riguardo.

Sostenere il processo di transizione energetica:  

per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica entro il 2050, garantendo la competitività del sistema produttivo e soprattutto dei settori più a rischio di delocalizzazione. Devono essere individuate anche linee guida di intervento prioritario per creare un ecosistema volto allo sviluppo di nuove catene del valore della green economy.

Supportare il processo di transizione ambientale:

verso modelli di business basati su un’economia circolare attraverso l’eliminazione delle barriere non tecnologiche, il rafforzamento delle strutture italiane e la creazione delle condizioni per lo sviluppo di mercati di beni e servizi innovativi e nuove competenze professionali per l’uso efficiente delle risorse naturali e materiali grezzi.

Investire maggiormente in Ricerca e Sviluppo:

per migliorare il potenziale innovativo, anche del settore privato, come leva strategica per aumentare il valore aggiunto dei prodotti e consolidare la partecipazione delle imprese italiane nelle principali catene del valore globali

Attivare lo sviluppo del settore pubblico come motore del cambiamento:

gli appalti pubblici innovativi sono un aspetto importante della politica industriale

Rafforzare il piano di transizione 4.0:

che prevede incentivi fiscali per investimenti in macchinari, progetti di innovazione tecnologica per Industria 4.0, economia circolare e ricerca e sviluppo, con l’obiettivo di rilanciare gli investimenti e garantire un sostegno stabile al settore privato almeno a medio termine.

Completare e potenziare gli investimenti per lo sviluppo di un’economia digitale sicura, scalabile e interoperabile:

la presenza di un moderno e innovativo ecosistema digitale, ampiamente condiviso nella società, diventerà sempre più un asset strategico per facilitare e sostenere l’evoluzione del sistema economico, sociale e culturale italiano. Sarà un driver fondamentale per la trasformazione digitale del settore pubblico e privato e un motore di sviluppo e occupazione.

E per la Pubblica Amministrazione?

Nel PNRR si punta sul suo ruolo fondamentale per il rilancio del Paese.

Vi è infatti il riconoscimento del drammatico sottodimensionamento e invecchiamento della PA e della mortificazione della formazione.

Nell’indicare le linee di azione, particolarmente importante è l’enfasi sulla necessità di un reclutamento di qualità, fondato sulla valutazione dei nuovi fabbisogni, celere e attento, non tanto alle conoscenze nozionistiche, quanto alle capacità organizzative e attitudini.

Come le trasformazioni energetica e della mobilità che principalmente investono la nostra società sono declinate in chiave PNRR?

Il PNRR e la sostenibilità

Delle missioni che compongono il Piano Nazionale di Ripresa Resilienza quella con il più ampio stanziamento di risorse è legata alla “rivoluzione verde e transizione ecologica”.

A essa sarà destinato più del 31% dell’ammontare complessivo del Piano, per 69,8 miliardi di euro, (a cui si aggiungono i fondi della programmazione di bilancio per un totale di oltre 79 miliardi).

Di questi, oltre 18 miliardi di euro sono dedicati alla componente “transizione energetica e mobilità locale sostenibile” per incrementare la quota di energia prodotta da rinnovabili (in linea con gli obiettivi europei), stimolare la filiera industriale, inclusa quella dell’idrogeno, e potenziare e digitalizzare le infrastrutture di rete.

Decarbonizzazione ed energie rinnovabili

Il PNRR segna un ulteriore passo nella direzione della decarbonizzazione.  

Ingente è la somma di investimenti economici previsti nei prossimi anni per intensificare l’impegno dell’Italia in direzione degli obiettivi ambiziosi dell’European Green Deal e creare nuove occasioni di crescita e sviluppo.

A fronte delle chiare indicazioni europee sulla natura trasversale della transizione ecologica, tuttavia nel PNRR non è presente, al momento, alcuna indicazione su come si raggiunge il 37% di green, né quale sia il tasso di green presente nei vari progetti (l’UE richiede di esplicitare tre valori: 100% – 40% o 0 di contributo al green). Modeste le ambizioni: perfino gli obiettivi per il clima sono inferiori a quelli europei: 51% di riduzione di CO2 al 2030 (contro il 55%).

Nello specifico, le risorse per incrementare la produzione di energia rinnovabile sono pari a 5,9 miliardi di euro.

È positivo che siano destinati: 1,1 miliardi di euro per l’agrivoltaico (obiettivo 2GW) che amplia gli interventi anche agli impianti a terra, in cui convive il solare con le colture; 2,2 miliardi di euro per la promozione delle comunità energetiche e l’auto consumo nei Piccoli Comuni (obiettivo 2 GW); 3,61 miliardi di euro per il rafforzamento delle smart grid e 500 milioni di euro per la resilienza delle reti.

Citando un’analisi di Legambiente sulle fonti rinnovabili appare tuttavia deludente l’investimento di soli 680 milioni di euro per gli impianti innovativi, tra cui l’off shore.

Nulla è previsto per il solare da installare nelle aree dismesse da bonificare. È una novità importante rispetto alla versione precedente del PNRR l’attenzione dedicata allo sviluppo del biometano, per il quale vengono stanziati 1,92 miliardi di euro.

Mobilità

Riguardo la mobilità, in particolare elettrica e le batterie a supporto dei veicoli a zero emissioni, nonostante esista una strategia Comunitaria sulla creazione di una filiera industriale l’Italia sconta un ritardo importante rispetto a tanti Stati europei e internazionali.

Peraltro, come indicato dall’Associazione Motus-e, si deve accompagnare l’industria di componentistica alla riconversione per la produzione di nuovi sistemi ausiliari dei sistemi di trazione, soprattutto del pacco batterie, integrati con quelli per l’abitacolo. Inoltre, sono significative le competenze delle nostre imprese sull’economia circolare.

La Battery Directive della UE pone obiettivi sfidanti di riuso e riciclo e l’Italia avrebbe le capacità e le risorse per sfruttare questa opportunità.

Il piano, in sintesi, manca l’obiettivo di sviluppo della mobilità elettrica, misura cruciale per la decarbonizzazione dei trasporti. In totale controtendenza rispetto ai principali Stati membri, vi dedica meno dell’1% del fondo, contro oltre il 25% circa della Germania e il 10% della Spagna.

Per la mobilità ferroviaria, il PNRR si concentra molto sulle grandi opere, con circa 13 miliardi destinati all’Alta velocità Ferroviaria su 24,77 miliardi dedicati a nuove ferrovie.

Solo 9,53 miliardi (7,8mld da Recovery e 1,73 da fondo complementare) sono destinati ai nodi metropolitani e alle ferrovie regionali del Paese dove gravitano milioni di cittadini ogni giorno.

Smart city

Il PNRR risulta un po’ debole sulle città, responsabili della maggior parte delle emissioni di CO2 e degli inquinanti locali. Dovrebbero essere le protagoniste di un nuovo sviluppo resiliente e sostenibile, con al centro i trasporti che vengono invece “liquidati” con soli 8,58 miliardi.

Il capitolo sul digitale e l’innovazione tecnologica vale circa 40 miliardi (20% del totale delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), di cui 8 solo per la digitalizzazione della PA.

Rigenerare le amministrazioni pubbliche è la principale priorità nazionale per garantire il successo dell’azione del governo e dell’attuazione del PNRR. La riforma della PA in chiave digitale dovrà muoversi in investimenti in connettività, con anche la realizzazione di piattaforme efficienti, e nell’aggiornamento continuo delle competenze dei dipendenti pubblici.

Tecnologia e ricerca

In definitiva, il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione nei vari settori e la digitalizzazione della società non può prescindere dall’utilizzo delle tecnologie più avanzate e dal loro continuo miglioramento.

In questo senso, la ricerca scientifica gioca un ruolo chiave per la transizione ecologica della società. In particolare, ci sono quattro campi di indagine in cui la ricerca sta progredendo in maniera molto vivace: l’idrogeno verde, le batterie per la mobilità elettrica, lo stoccaggio per le rinnovabili e la fusione nucleare.

E’ noto che la ricerca scientifica è il motore principale dello sviluppo economico.  Non a caso i paesi che hanno crescite sostenute investono il 3% del Pil in ricerca, come raccomanda la Commissione EU.

A oggi l’Italia investe in ricerca solo l’1.4% del Pil e in ricerca pubblica di base e applicata circa lo 0.5% (9 miliardi, di cui 6 in ricerca di base e 3 in ricerca applicata).

Ricerca e innovazione tecnologica devono tornare a essere centrali nelle politiche di sviluppo del nostro Stato.

Per far questo, ad esempio, l’Unione Europea dovrebbe accrescere le proprie ambizioni sul rilancio dello Spazio europeo della ricerca, disegnare politiche per l‘innovazione più incisive per il nuovo decennio e concepire un approccio rafforzato e più europeo per i finanziamenti pubblici e privati in R&S.

Serve maggiore investimento in ricerca.

Fondamentali sono le parole del Manifesto Research and Innovation for the Future of Europe, lanciato da venti organizzazioni del mondo della ricerca e innovazione italiana ed europea, e aperto alla sottoscrizione pubblica sul sito researchforeurope.eu.

Il futuro dell’Europa e dei suoi cittadini sarà in gran parte legato ai risultati nel campo della scienza e della tecnologia.

Per la ripresa europea post-Covid nei prossimi anni, la ricerca e l’innovazione saranno fondamentali, anche per accelerare la transizione ecologica e la trasformazione digitale e sostenere le aspirazioni di autonomia strategica dell’Unione.

Mai come oggi – si legge ancora nel Manifesto – è fondamentale promuovere un dialogo aperto tra scienza, tecnologia e società e un impegno diretto dei cittadini nelle attività di ricerca e innovazione. Ciò è fondamentale affinché gli europei possano continuare a riconoscere il contributo della scienza e della tecnologia al progresso e alla propria vita quotidiana.

A lungo l’Europa è stata la patria del progresso scientifico e tecnologico globale: oggi più che mai gli europei dovrebbero svolgere un ruolo attivo per fare della Ricerca e dell’Innovazione le basi per costruire l’Europa del futuro.

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